"Bisogna tenere duro, tenere duro comunque, con le unghie e con i denti". (D. Pennac)

martedì 17 aprile 2012

Non buttiamoci giù

Che cosa porta una persona a decidere che non c'è più speranza? Quale meccanismo profondo e delicato fa sì che qualcuno arrivi a pensare che la migliore, o forse l'unica, soluzione possibile sia quella di togliersi la vita? Una volta, a lezione, un professore ci disse che il suicidio può essere visto come tentativo estremo di indurre sensi di colpa nell'altro, in chi ti sta accanto. In pratica, lo si può leggere come un'accusa del tipo: "non hai saputo aiutarmi, ho dovuto fare da me", oltre che attraverso la chiave più classica della disperata ricerca di attenzione.
Qualunque sia il motivo scatenante, è difficilmente comprensibile la disperazione profonda che deve provare una persona per arrivare anche solo a formulare un pensiero che va contro un istinto molto ben radicato, quello della sopravvivenza. Solitamente, però, alla base c'è un disturbo profondo: spesso si pensa a una depressione, anche se non è detto; molti altri disturbi mentali hanno correlazioni forti con l'ideazione suicidaria (e, di conseguenza, quasi sempre anche con l'atto vero e proprio): il disturbo borderline di personalità, per esempio, o il disturbo bipolare.
Ultimamente, però, ho assistito a un'escalation di notizie riguardanti i suicidi che sembrano avere poco o nulla a che fare con queste categorie diagnostiche. Sembra, piuttosto, che la disperazione scatenante il tutto nasca da un quadro drammaticamente più semplice e sotto gli occhi di tutti: la crisi economica.
Ammetto che questo mi fa molta più paura. Per un motivo molto semplice: lo sento molto più vicino, come problema. Quando studi tutti i disturbi mentali, viene automatico vedere sintomi un po' ovunque, salvo poi recuperare lucidità e realizzare che bisogna essere molto cauti nel formulare una diagnosi vera e propria di un qualunque disturbo. In ogni caso, a meno che uno non abbia conoscenza diretta di persone con problemi del genere (e purtroppo sono sempre più di quanto pensiamo, e spesso anche più vicini di quanto crediamo...), ci si crea -o almeno, a me è capitato così- una sorta di barriera mentale con la quale proteggersi dall'idea che questa possibilità ci tocchi. Ma quando senti di uno, due, dieci persone che si tolgono la vita (quasi sempre lasciando parenti, figli, amici) per la crisi, per la disoccupazione, perchè non si trova un lavoro che sia uno per arrivare alla fine del mese, le domande ti assalgono, e un po' d'ansia si fa sentire. Perchè ti senti simile a loro più che a chiunque altro, perchè a un certo punto non aiuta più per niente il pensiero che "non è un problema solo mio, c'è la crisi", anzi fa arrabbiare, o butta giù, ancora di più. E pensi che magari queste persone erano sole, non avevano quella che viene spesso chiamata la rete di sostegno, non apevano a chi potersi affidare per un aiuto o anche solo un consiglio o uno sfogo. Ma non è sempre così. Queste persone spesso sono padri e madri di famiglia, che hanno amici e parenti, ma che non hanno trovato comunque un'alternativa a un gesto così disperato. E automaticamente, oltre a pensare alla loro diperazione, mi chiedo che cosa farà chi si trova senza un marito, una moglie, un genitore. Oltre al dolore, poi anche alla rabbia e al senso di colpa, si troveranno a fronteggiare problemi enormi che altri non hanno saputo come risolvere.
Senza voler scadere nel facile populismo, capisco che chi cerca di governare questo paese abbia molte altre cose a cui pensare, ma credo che abbia ragione chi parla di allarme sociale, pur tenendo presente l'effetto emulazione che provocano queste notizie.
Se ci sono ragazzi di 25, 26, 27 anni, totalmente disillusi e senza più fiducia nel futuro, loro che magari possono ancora contare sull'aiuto dei genitori, loro che non hanno ancora una famiglia da mantenere, ma che vorrebbero "solo" poter crearsene una, non so immaginarmi l'angoscia che può scatenarsi in chi la famiglia da mantenere ce l'ha, e non sa più come fare.
Voglio credere che ci sia una soluzione alla situazione in cui ci troviamo; ma credo che si debba fare qualcosa, molto più di quello che si sta facendo, e possibilmente in fretta.


1 commento:

  1. E' l'idea che non ci sia un'altra via d'uscita. Ti giri da tutte le parti, analizzi la situazione da tutte le angolature, e non trovi nessuna soluzione - perché una soluzione non c'è. E il suicidio sembra salvarti, se non altro, la dignità, la faccia; pensi che porterai chi rimane a pensare "non ce l'ha fatta a vivere, ma si è assunto le sue responsabilità, ha pagato con la sua vita, ha sbattuto il suo diritto di scegliere, la sua ultima libertà, in faccia al destino". E non pensi alla moglie, ai figli che restano? ai dipendenti che lasci senza lavoro? Sì che ci pensi, ma già che non sei stato in grado di prenderti cura di loro, almeno con il suicidio li liberi della tua inutile, disonorevole presenza.
    E' depressione questa? o ha una sua moralità?

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