"Bisogna tenere duro, tenere duro comunque, con le unghie e con i denti". (D. Pennac)

sabato 24 marzo 2012

L'ostinazione a guardare la tv (e tutte le perplessità che seguono)

L'altra sera, come succede sempre più di frequente, facendo un giro dei canali sono arrivata alla conclusione che l'unica cosa che meritava, in tv, era "Le Iene". Tralasciando i siparietti dei presentatori (decisamente trascurabili), devo dire che i servizi che mandano in onda valgono spesso la pena. Uno di questi, particolarmente crudo, riguardava la scoperta di un signore 70enne che adescava ragazzine con sigarette e ricariche telefoniche in cambio, usando un eufemismo, di effusioni e tenerezze. Alla fine, messo all'angolo dall'inviata/finta quindicenne (e a lei va, peraltro, la mia ammirazione per il sangue freddo), ha accettato di farsi accompagnare al centro di igiene mentale più vicino e parlare con qualcuno. Magari -anzi, il mio pessimismo dice probabilmente- non ci tornerà più e il suo gesto è stato dovuto solo alle telecamere, ma non si sa mai. Almeno un primo passo è stato fatto. Ora, vedendo questo servizio, ho cominciato a ragionare su tante cose. La prima è stata il chiedermi che educazione possono aver ricevuto delle ragazzine che a quattordici, quindici anni accettano di avere a che fare con un personaggio chiaramente disturbato (le telefonate mandate in onda riportavano delle frasi di quest'uomo che, se pensiamo che erano dirette a una quindicenne, sono da pelle d'oca) in cambio di 10 euro, di una ricarica o di un pacchetto di sigarette. Sappiamo benissimo tutti che quella è l'età in cui si smette di dare ascolto ai genitori, in cui quello che dicono loro è a prescindere un'idiozia, ma pur avendo pensato anche io queste cose, non mi sarei mai sognata di mettermi in situazioni simili. Sinceramente, non saprei dire come mi è stato insegnato che "non si parla con gli sconosciuti", "non si accettano caramelle" e simili, ma non ero mica l'unica a sapere queste cose, da bambina. E allora, che cos'è successo? Non avendo ancora figli vado solo a immaginazione, e non so quanto possa essere realmente difficile educare un bambino. Ma, insomma, questo mi sembra l'ABC, mi sembra che richiami paure ancestrali, soprattutto nella donna, come quella del vedersi portar via il cucciolo. E invece vedo queste ragazzine senza età, vestite come ventenni ma che in faccia sono ancora bambine, che cadono in trappole del genere, e mi viene voglia di andare dai genitori e chieder loro "ma voi dove eravate?".
La seconda cosa che mi ha fatto riflettere, invece, riguarda direttamente quello che ci viene propinato dalla televisione. Mercoledì scorso, per esempio, spinta dalla curiosità ho ceduto e ho guardato "Fratello maggiore". Ecco, se Le Iene sono a un estremo, o quasi, sulla linea della qualità dei programmi televisivi, sicuramente questa roba è all'altro. Si era parlato di reality (primo punto a sfavore), di format copiato da altri paesi (secondo punto a sfavore), condotto da un pugile reinventatosi grillo parlante che avrebbe aiutato due famiglie con adolescenti problematici a riportarli sulla retta via. Ancora una volta, non ce l'ho fatta ad arrivare in fondo alla puntata. Quello che ho visto è stato un tale girotondo di frasi fatte (e recitate male, perchè a me sembrava proprio tutto finto...), che anche le tre cose giuste che potevano essere finite per caso dentro i loro discorsi finivano per perdersi. E poi, i lieto fine forzatissimi: il diciottenne che picchia la madre e spacca i mobili in casa in pochi giorni si è trasformato in ragazzo modello che riconosce il nuovo marito della mamma e il fratellino come parte integrante della famiglia. La diciannovenne viziata e semi alcolizzata, il cui unico pensiero è fare la modella, diventa una figlia devota (con tanto di lacrime, of course), e il passo è ovviamente brevissimo. Saranno stati i muscoli del pugile, o le sessioni forzate in palestra a sudare (perchè "con la fatica si tirano fuori tutti i problemi"). Fatto sta che a me il tutto ha lasciato grandemente perplessa. L'anno scorso ho fatto sei mesi di tirocinio in una struttura che accoglie ragazzi con segnalazioni da parte dei servizi sociali, per loro o per le loro famiglie. E posso assicurare che in nessun caso si sono lasciati avvicinare con questa facilità da uno sconosciuto per parlare di sè, dei loro problemi e cambiare modo di fare. La strada da fare è molto, molto più lunga, dolorosa e difficile, fatta di passi avanti e di tanti, tantissimi passi indietro. E ridurre il tutto a una messa in scena così superficiale mi suona sbagliato, oltre che controproducente. Queste situazioni ci sono, e può darsi che siano anche più diffuse di quanto crediamo. Ma portare a credere che il mezzo migliore per risolverle sia rivolgersi alla tv mi dà un quadro abbastanza chiaro della nostra epoca. Provo sulla mia pella la scarsa voglia di investire nei servizi di supporto di questo tipo, così che lavorarci diventa un'impresa disperata. Certo che se poi si pensa che, avendo un problema, la cosa migliore sia parlarne in un programma tv piuttosto che coinvolgere un esperto, anche se non famoso, siamo in un vicolo cieco. Ma io non mi rassegno, e per me la soluzione ai nostri problemi continuerà a non essere in un programma televisivo, che sia Striscia la notizia, Le Iene, o chi per loro.


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