"Bisogna tenere duro, tenere duro comunque, con le unghie e con i denti". (D. Pennac)

venerdì 6 luglio 2012

"Se ti abbraccio non aver paura"

Lunga assenza dal blog, ma continuo a far tesoro di uno dei tanti insegnamenti di mia mamma: se non hai niente di interessante da dire, non parlare. E quindi... Però ho finito questo libro, che mi è piacuto un bel po' e che volevo condividere. Come la maggior parte delle mie letture non tratta un argomento leggero, ma che io abbia "un elevato peso specifico" è noto ai più. Ho letto l'ultima pagina qualche giorno fa, e ho avuto bisogno di un momento per lasciarlo sedimentare, per separarmi dalla storia e dai protagonisti, soprattutto perchè è una storia vera. Magari un po' romanzata, ma vera.
Come tanti, ho visto il servizio su Andrea alle Iene, qualche mese fa. Pare che a metà servizio io fossi a 20 cm dalla tv con gli occhi lucidi e un sorriso da ebete: in effetti, la storia di questo ragazzo e di suo padre mi aveva coinvolto moltissimo, forse perchè mi ricordava in tanti suoi comportamenti un ragazzo che ho conosciuto un annetto fa durante il tirocinio. Insomma, alla fine ho trovato il libro su uno scaffale in un negozio e mi sono decisa a comprarlo. La trama è sostanzialmente il racconto di un viaggio attraverso l'America di un padre col figlio diciottenne, a cui all'età di 3 anni è stato diagnosticato l'autismo. La parte interessante, però, credo che siano più che altro i dettagli, i frammenti di vita quotidiana che emergono dalle varie vicende e il rapporto tra Andrea e suo padre.
Di questa patologia non si sa granchè, io per prima ne so davvero poco. Quel che ho potuto capire, più che altro dalla conoscenza diretta di alcune persone con questa caratteristica, è che il termine esatto, ovvero "spettro dell'autismo", è perfettamente calzante: la varietà di sintomi e di manifestazioni esteriori è davvero grande, tant'è che alcuni comportamenti di Andrea mi ricordano quelli di un ragazzo psicotico più che quelli a cui siamo abituati a pensare. Temo che il film Rain Man abbia una parte di responsabilità, in questo: sentendo la parola autistico la maggior parte di noi pensa in automatico a Dustin Hoffman e alla scena degli stuzzicadenti nel bar. Ecco, non è esattamente così, o meglio, non è così per tutti. All'interno dello spettro autistico rientrano una gran quantità di fattori, tanto che -a voler esagerare- si potrebbe dire che ne facciamo parte un po' tutti, in qualche modo; anche per questo formulare una diagnosi non è mai facile.
La cosa che mi ha colpito di più, comunque, della storia di Andrea sono stati tutti gli interrogativi messi sul tavolo dal padre, Franco. Interrogativi che tendiamo spesso a non porci, concentrandoci sul cercare una diagnosi prima e una cura poi, ma che sono in realtà di estrema importanza.
La sessualità, le manifestazioni di affetto: molti medici hanno detto a Franco che suo figlio, come la maggior parte dei soggetti affetti da autismo, non proverà grande interesse per questa sfera. In realtà, per Andrea non è esattamente così: lo esterna a modo suo, ma l'interesse c'è, cosicchè il padre si trova a dover affrontare un argomento delicato a prescindere, cercando di trovare le parole e i gesti adatti. Perchè, giustamente, ignorare la questione sarebbe inutile se non dannoso.
L'altra grande questione che mi ha turbato è stato l'enorme punto interrogativo sul futuro. Franco si domanda cosa succederà quando lui e la mamma di Andrea non ci saranno più, o non saranno comunque più in grado di stargli dietro. Nell'esperienza che ho avuto con i vari tipi di disabilità, questo è sicuramente il comune denominatore: la paura che prende quando si comincia a immaginare quali prospettive ci possono essere per una persona che dipende interamente da noi, e che non ha prospettive di miglioramento, deve essere davvero profonda. E soluzioni facili, come sempre in questi casi, non ce ne sono.
Questo libro non dà risposte, più che altro a me ha fatto sorgere ancora nuove domande. Ma credo che sia la caratteristica che lo distingue da una favola. Andrea e Franco continuano la loro vita, con i loro rituali e i loro momenti duri: Andrea continua a ridurre in pezzetti microscopici i fogli di carta, quando è nervoso e non si sente a suo agio, e a toccare le pance agli sconosciuti incontrati per caso. Ma ti fa anche capire che oltre la difficoltà di comunicare in modo canonico, c'è un mondo da scoprire, se ci si prova.
"Provo ad impegnare mia mente ogni giorno ma lotto invano mi dispero per mio autismo
Aiuto chiedo"
"Sono un uomo imprigionato nei pensieri di libertà.
Andrea vuole guarire.
Ciao"

1 commento:

  1. Da vecchia raddrizzatrice di gambe di cani, subito mi sono posta mille domande: come si risponde a un grido d'aiuto così? come si può dare una mano? Con me tutti parlano e mi raccontano la loro vita e i loro guai: come si permette una persona autistica di non fare altrettanto? Be', forse è una reazione un tantino egocentrica. Ma forse un volontario con un minimo di intelligenza, parecchia umiltà e molta voglia di imparare può dare un piccolo aiuto ai genitori disperati per quando non ci saranno più, o magari stanchi dell'enorme peso di un figlio che non può diventare autonomo.

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