"Bisogna tenere duro, tenere duro comunque, con le unghie e con i denti". (D. Pennac)

sabato 31 agosto 2013

l'estate sta finendo

Ultime ore dell'ultimo giorno di mare. Quel mare che per anni ho snobbato, preda di ricordi d'infanzia poco felici, forse a volte anche un po' esasperati dal mio volerli rivivere a tutti i costi. 
Per anni ho scelto di non tornarci, in quella casina che da piccola sentivo troppo stretta rispetto a quella di montagna, enorme e con mille segreti. Quella casina che aveva angoli che mi spaventavano, ma non potevo dirlo a nessuno perchè mi avrebbero preso in giro. Poi pian piano il processo di assoluzione nei confronti di un luogo che non ha colpe è iniziato, e - complice la necessità di risparmiare un po' - venire qui due settimane all'anno è diventato prima una cosa ovvia, che sai che accadrà perchè non hai molta scelta, poi senza volerlo anche un piacere. Perchè, volente o nolente, qualche bel ricordo alla fine affiora (mia sorella Laura che di nascosto dalla nonna mi cura le sbucciature sulle ginocchia perchè sono caduta dalla bici provando a pedalare da in piedi, i bomboloni e la crescente, i bagni senza andare troppo al largo perchè la nonna non voleva...), e anche se è intervallato da altri che fanno ancora male, alla fine un sorriso salta sempre fuori.
E poi, in questi anni, ho trovato nuovi punti di riferimento, solo miei. E poi, va a finire che non riesco a non pensare a se e quando avrò io un bimbo da far giocare a riva. 
Insomma, anche queste vacanze sono finite, quest'anno con un sapore nostalgico più forte del solito. Al "voglio torna' bambino", però, stavolta si mescola una nuova voglia di crescere: con le mie ingenuità, le mie illusioni e i miei sogni ad occhi aperti, che mi fanno restare sempre un po' bimba dentro. 
Ma è ora di tornare a casa, alla mia vita da adult-in-progress, a cercare di guadagnare qualche altro metro sulla strada verso la vita che vorrei per me. E se questo significa tirare fuori scheletri dagli armadi e smettere di torturare certe ferite per lasciarle guarire, va bene. Forse questa volta sono pronta.

mercoledì 8 maggio 2013

I muffin sono quasi sempre la risposta al malumore.

In giornate come quella dell'altro giorno, piovose fuori e piene di inconvenienti più o meno gravi, il mio bisogno di sfogarmi in cucina diventa impellente. Quando ho mille pensieri per la testa, e sono preda di un'irritazione non sfogabile contro chi ne è la causa, la cosa ideale sono i muffin.
I miei preferiti sono quelli rubati alla Parodi, ricetta di un'ospite del suo programma: cioccolatosissimi e molto coccolosi da mangiare, danno una gran soddisfazione da cucinare, perchè mi sono venuti al primo colpo e ormai l'unica cosa da migliorare è l'estetica.
Questa volta però avevo voglia di lanciarmi in un esperimento (si vede che i pensieri sono parecchio ingombranti e ho bisogno di concentrarmi per bene su altro..!), quindi ho deciso di tentarne di nuovi.. Non proprio ipocalorici, ma di grande soddisfazione per il gusto. Meno per la vista, perchè in effetti i primi mi sono venuti abbastanza bruttoni: non si erano gonfiati granchè, e il mio umore stava già ulteriormente precipitando. Con il secondo e terzo round invece è andata un po' meglio, per fortuna, forse grazie alla modifica della ricetta in corso d'opera!
Alla fine hanno avuto un grande effetto terapeutico: avevo la testa affollata da pensieri e problemi non risolvibili nè nell'immediato nè solo con il mio intervento; questo era fonte di una frustrazione incredibile: voler fare qualcosa e non potere è insopportabile. Essermi accorta a metà procedimento che la ricetta non stava riuscendo come doveva, fermarmi a riflettere e tentare una soluzione, che poi si è rivelata corretta, mi ha dato una grandissima soddisfazione, facendomi accantonare gli altri guai.
Comunque, ecco il procedimento per questi MUFFIN CON GOCCE DI CIOCCOLATA E GLASSA DI CIOCCOLATO AL LATTE, che nascono in realtà dalla ricetta di una ciambella con gocce di cioccolata, e quindi risultano ben più leggeri dei soliti: non contengono burro nè olio, per esempio, ed è già un ottimo inizio!
Ingredienti per i muffin: 300 gr di ricotta, 300 gr di farina, 200 gr di zucchero, 1 bustina di lievito, 1 uovo (per me sono diventate 2), 125 gr di gocce di cioccolato.
Per la copertura: 150 gr di cioccolato al latte, 50 ml di panna fresca.
Prima di tutto ho sciolto la cioccolata con la panna, in modo che poi avesse il tempo di raffreddarsi. Per l'impasto, la ricetta prevede semplicemente di unire in una terrina tutti gli ingredienti ed amalgamare bene, "finchè l'impasto non risulta soffice". Ecco, io a questo punto mica ci sono arrivata.. Con le dosi qui sopra, mi sono ritrovata una ciotola piena di un miscuglio un po' sabbioso, a cui comunque -impavida- ho aggiunto le gocce di cioccolata. A questo punto, nonostante i presupposti non fossero i migliori, ho comunque tentato la prima infornata (e forse ci si spiega la bruttezza dei primi sei nati). Poco convinta, ho aggiunto un uovo al restante impasto e -MAGIA!- tutt'un altro affare: impasto morbido e soffice, e seconda + terza infornata lievitate (un po' come il mio morale, nel frattempo).
Li ho lasciati raffreddare un pochino e li ho coperti con la glassa, usando una siringa (ho scoperto che la sac à poche non fa per me: mi si affloscia mentre la riempio, mi esce il ripieno, mi si intasa la punta.. con la siringa è proprio molto più facile, per me). Per ultimo, li ho coperti di tutti quei bagagli colorati che mi piacciono da matti (e il cui nome credo sia codette, o palline.. non bagagli, temo.)
Ora, buoni son buoni. Come dicevo all'inizio, devo decisamente migliorare sull'estetica.. Però come primo tentativo non mi dispiace.. e soprattutto, il mio malumore è decisamente migliorato.


lunedì 29 aprile 2013

Cucina terapeutica

E' davvero tanto che non aggiorno il blog. Sarà che i consigli che ti danno da piccola rimangono ben piantati in mente, e quello di mia mamma "se non ha niente di intelligente o carino da dire, piuttosto stai zitta" si è radicato per bene. Fatto sta che non trovavo mai argomenti abbastanza validi per scrivere.
Poi, più d'una persona mi ha dato l'idea di aggiungere al blog una nuova categoria, un argomento che mi appassiona e mi diverte quasi quanto la psicologia, ovvero la cucina.

E' da quando ero piccola che pasticcio tra i fornelli: prima guardavo mia mamma, poi la aiutavo (più che altro, a pulire i tegami dei dolci!), poi ho cominciato - un po' per necessità, poi man mano con vero piacere - a cimentarmi in piatti diversi.
Oggi, cucinare è una dei momenti che mi rimettono a posto col mondo e con me stessa. Credo, in questo, di aver imparato molto da mia mamma. Mi ricordo quando capitava che fosse di cattivo umore, o semplicemente pensierosa, e diceva: "ho bisogno di fare il pane". All'epoca non capivo il fascino che si celava in questo processo, e rimanevo un po' perplessa. Poi, andando a vivere con qualcun'altro, ho scoperto il vero piacere che mi suscita cucinare per gli altri: la lieve tensione nel provare una ricetta nuova, senza sapere come verrà; sbirciare l'espressione dei commensali per scoprire se piace o no; scoprirmi ogni volta contenta nell'assaggiare il piatto e rendermi conto che è buono.

C'è poco da fare, amo il buon cibo. Mi piace assaggiare piatti nuovi, mi piace riscoprire vecchi sapori, e mi piace cucinare. E dopo anni in cui questo mi faceva sentire in colpa (quasi come se la cosa giusta fosse vivere d'aria, quasi come se mangiare e dire a voce alta che mi piace fosse sconveniente), ho deciso che se una cosa mi fa stare bene, e non è illegale, non è sano togliermela. Ovvio, questo implica una perenne ricerca di un equilibrio tra gusto e apporto calorico non eccessivo, ma ne sono consapevole.
E poi, amo proprio il processo. Amo sporcarmi le mani, amo i profumi diversi che si legano insieme, amo vedere gli ingredienti che, da separati, si amalgamano e si fondono e creano qualcosa di nuovo. E soprattutto, amo il fatto che determinati piatti saranno sempre legati ad alcuni ricordi. Ad esempio, il profumo di caffè sarà sempre odore di risveglio a casa dei miei, la mattina. E l'odore del budino al cioccolato mi riporterà sempre alla memoria mia nonna.

Quindi, dato che ormai è noto a chi mi conosce che io cucino determinati piatti in base al mio umore, ho deciso che un nuovo tema del blog saranno le psico-ricette: cominciamo proprio con uno dei dolci-da-nostalgia-di-casa... Il BUDINO DELLA NONNA LEA.
Le dosi sono la cosa più facile del mondo: 1 etto di farina, 1 etto di zucchero, 1 etto di burro, 1 etto di cacao (amaro per le persone normali, zuccherato per i golosi irrecuperabili come me), 1 litro di latte.
Il procedimento è sostanzialmente quello per fare la besciamella: si scalda il latte in un pentolino, e lo si porta a bollore. Nel frattempo si tosta la farina nel burro fuso, finchè non formano un'unica palla. A questo punto si aggiunge, un mestolo alla volta, il latte caldo, mescolando con cura per evitare che si formino i grumi di farina. Finito di aggiungere il latte, si aggiunge lo zucchero, sempre mescolando, e il cacao (se si vuole essere proprio bravi bravi, setecciandolo... io non lo faccio mai: o me ne dimentico, o non ne ho voglia). Si aspetta che prenda il bollore, sempre mescolando, e lo si versa in uno stampo o nelle coppette.
La parte migliore rimane sempre pulire il tegame... E riassaporare alla prima cucchiaiata il profumo di nonna (e di mamma) che mi riempie pancia, naso e cuore.